Nella seconda metà del Settecento, in concomitanza con la riedificazione della chiesa di San Michele Arcangelo a Ruvo di Puglia, i Minori Osservanti vollero comporre un grandioso presepe, la cui bellezza e armonia riecheggia fino ad oggi.
Di probabile provenienza napoletana, la prima serie di pastori di Sant’Angelo è costituita da un numero non precisato di pupi, tutti con una altezza compresa tra 40 centimetri e un metro. I pupi sono costituiti da testa, mani e piedi in cartapesta e da arti in legno innestati su un manichino realizzato con filo di ferro e stoppa. Questa struttura modellabile consente di vestire i personaggi e di adeguarne la posizione delle mani.
I diversi personaggi, le cui vesti originali si sono negli anni irrimediabilmente perdute, indossavano abiti e accessori distanti nella foggia delle vesti giudaiche in voga al tempo della nascita del Signore, ma ispirati agli abiti popolari del sud Italia, abbruzzesi, lucani e pugliesi, raccontati nei guazzi dei pittori Alessandro D’Anna, Saverio Gatta, Antonio Berrotti e Stefano Santucci.
Punto centrale di questo teatro sacro natalizio è, senza dubbio, la capanna-grotta della Natività. La Vergine, dal volto di una giovane donna con una bellezza popolare e tutta meridionale, è inginocchiata, orante, al cospetto del Bambin Gesù. L’effige della Vergine, al contrario della povera Maria di Nazareth, vestiva preziosi abiti, oggi sostituiti, interamente ricamati a mano e rappresenta uno dei pezzi più pregiati dell’intero presepe, assieme a san Giuseppe.
Elemento imprescindibile e conclusivo della rappresentazione tradizionale è la carovana orientaleggiante dei Magi. I tre re Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, partono dal punto più alto di ogni presepe con tutto il loro seguito di dromedari, cammelli, servitori, guerrieri e indovini. Nel presepe di Sant’Angelo, l’articolata composizione del corteo orientale sembra riprendere le scene dipinte da Gaspar Hovic nell’Adorazione dei Magi (1613), realizzata per la cappella Avitaya della stessa chiesa.
Questi pezzi d’arte, piccoli ma importanti, non sembrano aver avuto necessità di tutela almeno fino al Novecento. Negli inventari redatti all’inizio dell’Ottocento in occasione della soppressione del convento francescano, i pupi non sono neppure citati, come avviene anche per tante altre opere d’arte “minori” destinate a scomparire. Nella seconda metà dell’Ottocento il primitivo nucleo presepiale fu integrato con pezzi in terracotta raffiguranti animali e pastori. Tra la fine dell’Ottocento e i primissimi anni del XX secolo, il presepe fu abbandonato o probabilmente allestito in versione ridotta alla sola natività.
Nel 1925, in concomitanza con l’elevazione canonica della chiesa a parrocchia, l’antichissimo presepe fu riallestito come testimonia una cartolina doppia edita a Bari e alcuni articoli pubblicati sul Corriere delle Puglie. Da quell’anno, quindi, il presepe di Sant’Angelo tornò ad essere vivo, giungendo fino ai nostri giorni ma in una veste rinnovata.
Il presepe che vediamo oggi, infatti, si discosta molto da quello originario settecentesco di matrice napoletana e ha assunto le caratteristiche tipiche dei presepi di matrice salentina in seguito agli interventi di restauro degli anni Settanta. Si pensò, allora, di eliminare le vesti in tessuto sostituendole con strutture in cartapesta su cui erano innestati i volti e le mani originali.
Quest’anno il parroco don Michele Del Vecchio e i ragazzi dell’Azione Cattolica parrocchiale hanno voluto rievocare l’antica tradizione presepiale della chiesa, con un articolato presepe che occupa le cappelle del lato destra della chiesa e consente di vivere appieno l’atmosfera sacra e raccolta del Natale cristiano.
Per saperne di più sulla storia e sull’evoluzione del presepe di Sant’Angelo vi invitiamo a leggere il saggio dello stesso autore del presente articolo, pubblicato nel volume SCRITTI DI IERI E DI OGGI per la storia della chiesa di S. Angelo di Ruvo di Puglia a cura di Cleto Bucci per i tipi della CSLPegasus Edizioni – 2017 (disponibile presso la Pro Loco di Ruvo di Puglia).