Storia Studi e Ricerche

Memorie dal passato: l’antica chiesa di san Bartolomeo

Jusepe de Ribera, Scorticamento di san Bartolomeo, 1634

Delle vite dei dodici apostoli che seguirono Cristo in Galilea, le vicende terrene di san Bartolomeo sono tra quelle più avvolte nel mistero e nella tradizione. Il suo nome compare solo nelle liste degli Apostoli presentate dagli evangelisti Matteo, Marco e Luca (cfr Mt 10, 3; Mc 3, 18; Lc 6, 14) e negli Atti (cfr At 1, 13) e per tradizione viene identificato con Natanaele: un nome che significa “Dio ha dato”. Natanaele proveniva da Cana ed è quindi possibile che sia stato testimone del grande “segno” compiuto da Gesù in quel luogo. L’identificazione dei due personaggi è probabilmente motivata dal fatto che questo Natanaele, nella scena di vocazione raccontata dal Vangelo di Giovanni, è posto accanto a Filippo, cioè nel posto che ha Bartolomeo nelle liste degli Apostoli riportate dagli altri Vangeli(1).

Dopo la resurrezione di Cristo, Bartolomeo fu predicatore itinerante (in Armenia, India e Mesopotamia) e divenne famoso per la sua facoltà di guarire i malati e gli ossessi. Bartolomeo fu condannato alla morte persiana: fu scorticato vivo e poi crocefisso dai pagani(2).

 Michelangelo Buonarroti, San Bartolomeo scuoiato, nel Giudizio Universale della Cappella Sistina

Nel 264 le reliquie del santo giunsero a Lipari, quando era vescovo sant’Agatone, fino a quando vennero parzialmente disperse dagli arabi nel IX secolo; nel 410 le spoglie vennero portate a Maypherkat che, a causa del gran numero di reliquie che il vescovo Maruta vi radunò, venne chiamata Martiropoli. Nel 507 l’Imperatore Anastasio I le portò a Darae, in Mesopotamia. Nel 546 ricomparvero a Lipari e nell’838 a Benevento, dove il deposito delle reliquie del santo fu sempre conservato con devota e gelosa vigilanza anche in situazioni di grande pericolo, come quando l’imperatore Ottone III di Sassonia, nel 983, pretese la consegna delle sacre reliquie. In quell’occasione gli fu consegnato il corpo di san Paolino, vescovo di Nola. Accortosi dell’imbroglio l’imperatore cinse la città d’assedio, ma non riuscendo a espugnarla fece ritorno a Roma, dove peraltro fece edificare una basilica dedicata a San Bartolomeo sull’Isola Tiberina(3).

San Bartolomeo, affresco sulla volta della chiesa del Purgatorio
San Bartolomeo, affresco sulla volta della chiesa del Purgatorio

Grazie al patronato dell’apostolo sulle malattie cutanee come herpes, erisipela, pellagra, il culto si diffuse sin da subito in tutto il mondo cattolico e anche a Ruvo fu dedicata al santo una chiesa posta intra moenia e sorta probabilmente in età medievale. Le uniche notizie certe di questo edificio di culto sono ricavabili dalla Fons Perennis Ecclesiae Cathedralis Ruborum, la platea del Capitolo Cattedrale di Ruvo. Nel foglio intitolato Contrada del Monastero di san Matteo vi è annotato:

Chierico Lucio Ciano per la parte del Cortiglio dietro il suddetto Monastero nella strada della Chiesa rovinata di san Bartolomeo che al presente di sopra ci sta’ edificata la Camera giusta la casa d’Isabella pappalardo, fu di Pietro de Jastis, e la casa del Beneficio dell’entrade ripudiate dalli Padri minori d’osservanza del Monastero di Sant’Angelo(4).

La chiesa, non più esistente nel 1658 ma che ancora dava il nome alla strada in cui si ergeva, sarebbe quindi localizzabile o nei pressi di via Modesti o nei pressi di via Cattedrale, agli sbocchi dell’attuale Largo Le Monache, ossia dietro il Monastero benedettino.

Particolare di un foglio di mappa catastale del 1874 in cui si vede l'area intorno al monastero benedettino (in giallo).
Particolare di un foglio della mappa catastale del 1874 in cui si vede l’area intorno al monastero benedettino di san Matteo (evidenziato in giallo).

L’intitolazione al santo apostolo era, forse, collegata a un certo culto ruvese nei confronti del santo.  Il 24 agosto, festa di san Bartolomeo, il Capitolo teneva il Capitolo Generale, un’assemblea plenaria in cui eleggeva annualmente un Sacrista Maior Ecclesiae Cathedralis che probabilmente si occupava della conservazione della chiesa Cattedrale e della compilazione dei libri parrocchiali(5). Nella stessa data, a partire dal 1652, venivano nominati i Cappellani dei due santuari capitolari di Calentano e della Madonna delle Grazie. La nomina era successivamente confermata dal Vescovo(6).

Della chiesa di san Bartolomeo non abbiamo più notizie: complice anche l’assenza delle relatio ad limina dei vescovi ruvesi, non sappiamo se nella chiesa vi era un’immagine affrescata, scultorea o dipinta del santo scorticato vivo e né sappiamo se la stessa era sede di un qualche beneficio familiare.

La chiesa di san Bartolomeo rappresenta, quindi, un’altra pagina di storia religiosa cancellata dalla memoria collettiva ma riemersa dall’opera puntale del sacerdote don Luca Cuvilli e del canonico don Antonio Carovigna che, spinti dalla paura della terribile pestilenza del 1656(7), ci hanno tramandato la memoria della città che fu.

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Note

Note
1 Benedetto XVI, Udienza Generale, Piazza San Pietro, 4 ottobre 2006
2 http://www.santiebeati.it/dettaglio/21400
3 https://it.wikipedia.org/wiki/Bartolomeo_apostolo
4 Fons Perennis Ecclesiae Cathedralis Ruborum, 1658, f. 107
5 V. Amenduni, La “diocesis rubensis” nella metà del secolo XVIII.  Napoli, 1958, p. 51
6 V. Amenduni, La “diocesis rubensis”, Cit., p. 21
7 La Fons Perennis fu redatta in seguito alla pestilenza del 1656 per attestare i titoli di possesso dei beni pertinenti al Capitolo Cattedrale posti nella città e nell’agro rubastino. La Platea è consultabile in versione digitale sul sito web www.cattedraleruvo.it cliccando sul link a sinistra della home page

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