I tradizionali riti della Settimana Santa a Ruvo di Puglia, annullati in quest’anno 2020 a causa dell’epidemia di Covid-19 che ha colpito il mondo, sono ormai codificati nella loro intensa e ordinata strutturazione. Dal Venerdì di Passione alla Domenica di Pasqua, processioni e momenti liturgici si alternano, offrendo uno spaccato delle ultime vicende terrene di Cristo. Un racconto rituale che, probabilmente, è iniziato nella nostra città nel corso del XVII secolo quando l’Arciconfraternita del Carmine commissionò allo scultore altamurano Filippo Altieri le statue raffiguranti i Misteri della Passione di Cristo.
Se non sono pochi i racconti contemporanei delle processioni, affidati nell’ultimo decennio anche ai social e al web, esigue sono le testimonianze dei secoli passati.
Tra le carte del notaio ruvese Francesco Saverio Simia, raccolte nella sezione di Trani dell’Archivio di Stato di Bari, vi è un inedito scritto relativo alla Processione del Venerdì Santo del 30 marzo 1736. Nello stesso giorno in cui nella Thomaskirche di Lipsia, Johann Sebastian Bach dirigeva per la prima volta la versione definitiva della Passione secondo Matteo, nella nostra cittadina il notaio Simia, il giudice Francesco Buccomini e i testimoni Giuseppe Marinelli e Giuseppe de Leo raggiunsero il Palazzo Vescovile per portare al Vescovo una supplica per conto del canonico don Giacomo Simia, allora Rettore della Congregazione di S. Maria del Carmine. Nel documento si chiedeva la concessione della licenza per la Processione nella sera del Venerdì Santo secondo il solito […] a singolar grazia di Dio(1).
Il Vescovo accettò e la processione ebbe luogo dopo poche ore. Il notaro e il giudice già citati e i testimoni Michele Marziani e Marc’Antonio lo Russo nelle prime ore notturne raggiunsero, quindi, la chiesa di san Vito per testimoniare, con apposito atto notarile, l’uscita della processione che, come stabilito dal Vescovo, sarebbe dovuta avvenire alla prima noctis hora.
Si potrebbe pensare che il rito sia avvenuto in piena notte ma è necessaria una precisazione: a partire dal XIV secolo e fino alla metà del XVIII secolo in Italia era in uso l’ora detta “italica” e non l’ora “francese”, attualmente utilizzata. Secondo il metodo “italico” le ore si contavano a partire dalla campana dell’Ave Maria che suonava, e in alcuni casi suona ancora, mezz’ora dopo il tramonto. A partire da quel momento, quindi, si contavano le 24 ore che, come oggi, avevano tutte ugual durata di 60 minuti. Particolarità di questo metodo di misurazione oraria è l’essere legato al tramonto del sole che, come noto, varia a seconda della latitudine e della longitudine e a seconda della stagione(2).
Fatta questa utile premessa, riportiamo integralmente il contenuto dell’atto notarile che racconta i “primi passi” della processione di gala di quel lontanissimo Venerdì Santo:
Ci siamo portati in detta chiesa di S. Vita dove gionti avemo ritrovato detto Rettore can. Sig. D. Giacomo Simia il quale avea fatto trattenere noi sud. Regio Notaro, Giudice e Testimoni per sino che dovea uscire la processione da essa Ven. Confraternita si esigge nella sera del Venerdì Santo, ed in fatti trattenutoci per qualche poco abbiamo visto mettere in registro detta Processione con tutte le statue indicantino li Misteri della Passione del nostro Signore Redentore, ed uscendo il stendardo ò sia palio di essa Processione […] osservato avesso l’orologio da sacta da me medesimo si tenea, quale cavato da sacta ed osservato ho ritrovato essere ora una e minuti quarantacinque di notte […] a quell’ora è principata ad incamminarsi per la città la suddetta Processione(3).
Interrogando il “cervello elettronico” di Google possiamo scoprire che quel 30 marzo il sole tramontò su Ruvo di Puglia alle 18.06. Di conseguenza l’Ave Maria risuonò tra le strade cittadine alle 18.36 e quindi la processione dei Misteri si snodò a partire dalle ore 20.20 circa. A parte la differente scansione oraria, il rito si svolgeva in modo non molto differente dai giorni nostri ed è facile immaginare, era costantemente illuminato da centinaia di candele poste davanti ai simulacri e da numerose fiaccole poste lungo le stradine del centro storico.
Il citato orologio da sacta del notaro, che altro non è che l’elegante orologio da taschino, e il quadrante presente sulla torre dell’orologio civica nella piazza del mercato già nel 1658(4), con i loro rintocchi inseguivano quel tempo di passione segnato, ieri come oggi, dal silenzio e dalla preghiera.
Note
↩1 | Archivio di Stato di Bari sez. Trani (ASTR), Notai di Ruvo, protocollo di Francesco Saverio Simia, 1736, ff. 29 a t. – 30 |
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↩2 | G. Paltrinieri, FINE SETTECENTO: ORA ITALIANA ORA FRANCESE, pubblicato in www.astrofilibresciani.it / si ringrazia il forum tuttogenealogia per le segnalazioni |
↩3 | ASTR, Notai di Ruvo, protocollo di Francesco Saverio Simia, 1736, f. 31 |
↩4 | Nella Platea del Capitolo Cattedrale vi è infatti annotato che la Magnifica Università di Ruvo aveva un censo su un suppenno alla piazza fu di mastro Cristoforo sepe di Corato e prima di Giacomo di Venosa, dove al presente è l’horologio, giusta la casa del R.D. Giuseppe Ferro […] la detta piazza e la strada pubblica che tira al Castello (platea consultabile su www.cattedraleruvo.it). |