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1937 – Visita alla cappella della Vergine dei Sette Dolori nella Cattedrale di Ruvo di Puglia

Ogni visita alla Cattedrale di Ruvo di Puglia non può dirsi completa senza una passeggiata nel suo percorso ipogeico, riportato alla luce sul finire degli anni Settanta con il paziente lavoro della Soprintendenza e dell’architetto Mauro Civita, direttore dei lavori. Il passaggio obbligato per raggiungere l’area antica attraversa inizialmente una “intercapedine” tra due pareti: quella della chiesa attuale e l’antica nella quale si riconoscono ancora le tracce delle cappelle soppresse nei restauri del primo quarantennio del Novecento.

Tracce di intonaco, colombe scampate alla distruzione, fregi e incisioni raccontano la devozione delle più note famiglie ruvesi che nei secoli fondarono questi ameni sacelli. Nella prima campata si intravede l’incasamento di un quadro rettangolare con una lunetta nella parte superiore. Quel che resta della cappella mostra tracce di una volta dipinta d’azzurro con fiori bianchi, evidenza di una intitolazione mariana del sacro luogo.

 

La cappella fu visitata nel 1937 dall’ispettrice della Soprintendenza ai Monumenti Maria Luceri, che in quegli anni si stava occupando della redazione delle schede di catalogo dei monumenti pugliesi. Il suo contributo, riportato nelle schede di catalogo controfirmate anche dall’Arcidiacono Raffaele Montaruli, permette di ricostruire l’integrità artistica del sacello dedicato alla Vergine dei Sette Dolori.

 

Le opere d’arte della cappella

N. Gliri, Vergine dei Sette Dolori tra i santi Francesco Saverio e Ignazio, 1684, Ruvo di Puglia

Nell’incasamento rettangolare centrale era ospitato il quadro raffigurante la titolare della cappella tra i santi Francesco Saverio e Ignazio. La tela, opera di Nicola Gliri, è datata 1684 e fu commissionata dal vescovo Giovan Donato Giannone Alitto in occasione dei rinnovamenti spirituali e materiali che videro impegnata la Diocesi di Ruvo nel XVII secolo. L’opera fu originariamente collocata in un altare costruito dallo stesso prelato al posto del trono ducale sul lato destro del presbiterio(1). Successivamente, possiamo ipotizzare nel corso dei restauri di metà  Settecento, venne spostata nella prima campata della navata destra dove venne vista dalla dottoressa Luceri.

Superiormente al dipinto del Gliri era posta una tela lunettata raffigurante una Deposizione o più correttamente un Compianto sul Cristo Morto. Centro ottico della composizione è l’angioletto che indica il corpo completamente nudo del Cristo appena staccato dalla Croce. Il cartiglio col Titulus crucis giace in una sorta di vassoio accanto al Signore, insieme a due chiodi decussati. Ruotano attorno al Cristo esamine sei personaggi che contemplano e piangono la morte del Signore.

G. Quercia (attr.), Compianto sul Cristo Morto, Ruvo di Puglia, Cattedrale, distruttio (Catalogo Beni Culturali n. 1600182160)

La Vergine Addolorata, in abiti luttuosi, ha le braccia in posizione innaturale con le mani saldamente incrociate in uno spasmo doloroso. L’abbraccia e la sorregge Giovanni, il figlio novello della Vergine(2), con l’usuale viso imberbe e giovanile. Sull’estrema destra la Maddalena, come al solito a capo scoperto, piange la morte del suo Maestro asciugandosi le lacrime con un candido fazzoletto.

Ai personaggi evangelici qui citati si affinacano, delineando l’intento devozionale della composizione, tre figure di santi. Possiamo ipotizzare che si tratti dei protettori del committente. Sulla sinistra guarda il Cristo morto un santo domenicano identificabile in san Tommaso d’Aquino, riconoscibile dall’abito dell’ordine e dal sole raggiato sul petto. Subito dietro, con le mani giunte, san Francesco da Paola, fondatore dell’Ordine dei Minimi, che indossa l’abito tipico e ha sul petto lo scudo con la scritta “CHARITAS”. Sul lato sinistro, accanto alla Vergine dolente, c’è una santa con spada e abito regale: potrebbe trattarsi di santa Caterina d’Alessandria anche se è assente il tradizionale attributo iconografico della ruota.

L’opera pare attribuibile alla mano di Gioacchino Quercia (1725-1812), pittore terlizzese attivo nella seconda metà del Settecento. Palmare è la somiglianza della tela lunettata con la tavoletta della via Crucis con lo stesso soggetto nella chiesa di Sant’Angelo. Il Cristo ha la stessa posizione e gli stessi tratti somatici mentre è chiaramente sovrapponibile il piatto col cartiglio INRI. La tavoletta, insieme ad altre tre stazioni della Via Crucis, è stata recentemente restaurata da Annamaria Chiapparino e da suo fratello Giuseppe, prematuramente scomparso, su commissione della Pro Loco di Ruvo di Puglia. Gioacchino Quercia è conosciuto nell’ambito locale per aver realizzato varie opere nelle chiese terlizzesi e non solo. A Ruvo è opera dello stesso artista il “Mosè e il serpente di bronzo”, ora nel Museo Diocesano di Molfetta ma proveniente dalla chiesa ruvese dei Cappuccini. E’ stata donata allo stesso museo anche una “Ultima Cena” firmata dallo stesso pittore e datata 1764(3).

G. Quercia (attr.), Stazione XIII. Gesù deposto dalla Croce, XVIII sec., Ruvo di Puglia, chiesa di Sant’Angelo (Archivio Pro Loco Ruvo di Puglia)

Ai lati dell’altare, stando alla scheda di catalogo, erano posizionate due statue lignee raffiguranti San Donato e San Francesco da Paola. Le sculture, recentemente attribuite a Nicolantonio Brudaglio(4), risultano presenti tra i beni della Cattedrale già in un inventario del 1809 e, probabilmente, erano già ospitate nella cappella della Vergine dei Sette Dolori. Conferma la collocazione delle statue come elemento d’altare l’assenza della decorazione a foglia argento sul retro del san Donato. Come suggerisce Francesco Di Palo la loro committenza potrebbe essere legata alla vicina chiesa intitolata al protettore degli epilettici, oggi diruta, che a metà Settecento era in procinto di essere restaurata ed intitolata proprio al Paolano(5). Non è però da escludere la loro apposita realizzazione per la sopraddetta cappella della Cattedrale, vista la presenza nella lunetta dello stesso San Francesco da Paola e data la presunta corrispondenza cronologica con i lavori di ammodernamento della Cattedrale di metà Settecento.

N. Brudaglio, San Donato, XVIII sec., Ruvo di Puglia
N. Brudaglio, San Francesco da Paola, XVIII sec., Ruvo di Puglia

Il destino delle opere e della cappella

I restauri di rimozione delle aggiunte barocche di fine Ottocento e inizio Novecento portarono alla dismissione e alla chiusura delle cappelle laterali aggregate nei secoli sui fianchi destro e sinistro del tempio. Le cappelle del lato sud, tra cui la nostra dell’Addolorata, furono chiuse e murate nel 1939, solo due anni dopo la visita dell’ispettrice Luceri. Il corridoio che venne a crearsi dalla demolizione delle pareti delle cappelle divenne, quindi, un deposito in cui si potevano rintracciare elementi lapidei, statue, iscrizioni, dipinti, candelieri, materiale di risulta senza alcuna soluzione di continuità.

Proposta ricostruttiva della cappella dell’Addolorata secondo la scheda di M. Luceri

Le opere principali, soprattutto pittoriche, vennero invece inizialmente posizionate nei locali dell’attiguo palazzo vescovile per poi essere spostate in altri luoghi nella città, tra chiese, scantinati e garage. Ciò ha contribuito all’inevitabile deterioramento delle stesse.

Significativa è la vicenda della tela lunettata del Compianto sul Cristo Morto. La stessa venne posizionata nella sagrestia della Cattedrale sfruttando la conformazione a volta a botte del locale. Qui verrà schedata e fotografata nel 1979 dai ragazzi del Centro Turistico Giovanile “Torre del Pilota”.

La foto in bianco e nero, conservata in copia anche nell’archivio della Soprintendenza di Bari e ora digitalizzata nel Catalogo nazionale dei Beni Culturali, è l’unica testimonianza fotografica di questa tela: nella notte di venerdì 21 marzo 1980 un incendio devastò la sagrestia della Cattedrale. Furono vittime del fuoco, oltre alla tela, anche un organo ligneo a due tastiere dell’inizio del Novecento e diversi altri arredi sacri stipati nel locale. Scompare così, avvolta dalle fiamme, una importante testimonianza artistica e devozionale.

dal Corriere della Sera
dal Rubastino

Hanno avuto sorte migliore le altre opere: la tela della Vergine dei Sette Dolori, più volte pubblicata, dopo varie peripezie è attualmente collocata nella chiesa dell’Annunziata in attesa di restauri. In occasione della mostra Restituzione dell’estate 2012, curata da Capitolo Cattedrale e Museo Diocesano di Molfetta, sulla tela è stato effettuato un primo tassello di pulitura che ha permesso di constatare l’alta qualità pittorica della tela del Gliri.

Anche le statue di san Donato e san Francesco da Paola sono state collocate nella chiesa dell’Annunziata in occasione della sopraddetta mostra. Necessitano di importanti restauri per far riemergere la loro originaria bellezza offuscata dal tempo e dall’incuria degli uomini.

 

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Note

Note
1 Cfr: Lotta tra poteri: il dipinto della Madonna dei sette dolori e l’interdetto ecclesiastico
2 Iacopone da Todi, Donna de Paradiso
3 Cfr: https://www.diocesimolfetta.it/blog/2023/04/05/donata-unopera-di-quercia-al-museo-diocesano-di-molfetta/
4 F. Di Palo, Restituzioni. Opere, storie di uomini e d’arte dai depositi della Concattedrale di Ruvo di Puglia, Molfetta 2021, pp. 89-92
5 F. Di Palo, Restituzioni, cit., pp. 88-92

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