Pubblichiamo, integralmente, l’introduzione di Cleto Bucci al volume “La chiesa e l’Arciconfraternita del Carmine a Ruvo di Puglia” (info qui). Ringraziamo l’autore per la gentile concessione.
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Appena il Calvario comparve sulla soglia della chiesa, urla strazianti si levarono dalla folla che gremiva l’angusta piazzetta.
– Papà , perché la gente grida così tanto?
– Per farsi sentire.
– Farsi sentire da chi?
– Da Gesù.
– E Gesù li sente?
– Solo alcuni. Solo coloro che lo hanno invocato per prima.
– E che fa Gesù?
– Gli concede le grazie che chiedono.
– E agli altri?
– Aspetteranno l’anno prossimo.
Ero bambino. Era la prima volta che assistevo all’uscita dei Misteri dalla chiesa del Carmine nel pomeriggio di un ormai lontanissimo venerdì santo. Pigiato com’ero tra la gente, stringevo fortissimo la mano di mio padre affinchè non mi smarrissi tra la folla. Un pomeriggio di emozioni e un ingenuo dialogo infantile che ricorderò fino al giorno in cui vivrò.
Quelle vissute da me sono le stesse emozioni che sicuramente rivivono anche oggi coloro che riescono ad assieparsi davanti alla chiesa del Carmine all’uscita dei Misteri, anche se le urla, le imprecazioni e le implorazioni della gente, ormai e per fortuna, sono solo un ricordo.
A Ruvo nessun simulacro, né di santi, né di madonne e né di beati gode dell’affetto e della venerazione di cui gode questa statua detta del Cristo di San Vito. E’ il Cristo con la croce su le spalle verso il Calvario. E’ quello che ascoltava le suppliche e dispensava le grazie nell’istante in cui si affacciava sull’uscio della chiesa; e, come credevano i nostri antenati , solo a coloro che lo invocavano per primi. Adesso, probabilmente, le grazie le concede tutto l’anno anche a quanti lo invocano per ultimi.
Per questo motivo, e forse in modo improprio, la chiesa del Carmine è considerata una chiesa “cristocentrica”. Non è il simulacro della Vergine del Carmelo che svetta sull’altare maggiore, né sono le altre statue e le altre opere colà collocate che restano nella memoria della gente. Lo è invece la bellissima statua dell’Altieri a cui giornalmente molti fedeli non fanno mancare un fiore, una candela, una preghiera.
Ma le ragioni di questo libro sono ben altre. Questa volta non racconteremo solo dei Misteri e del Cristo al Calvario, ma andremo un po’ oltre.
L’Arciconfraternita del Carmine diretta dal Priore Sig. Raffaele Campanale e sapientemente guidata dal padre spirituale don Salvatore Summo, ha deciso di offrire alla comunità ruvese una pubblicazione che raccogliesse tutte quelle informazioni, storie e tradizioni che afferiscono alla chiesa del Carmine e alla sua Confraternita. Tutto questo affinchè ognuno di noi possa conoscere, ancora di più e ancora meglio di quanto sa, dell’importanza che nella storia cittadina ha avuto questo sodalizio e di quanto prezioso sia il patrimonio storico, artistico e culturale custodito in questo tempio.
L’Arciconfraternita, nell’affidarmi il compito di coordinatore e curatore del volume, ha voluto che alla sua stesura partecipassero coloro che da anni conoscono e studiano “le cose di Ruvo”.
Ecco allora che ho rivolto l’invito a Francesco Bernardi per la parte storica e archivistica, a Giuseppe Caldarola che ha scritto dell’architettura della chiesa, a Carmelo Cipriani e a Francesco Di Palo che in qualità di storici dell’arte descrivono i capolavori pittorici e scultorei presenti nell’edificio. A Giuseppe Ciliberti, infine, si deve il corredo fotografico che integra le foto d’archivio e quelle di altri collaboratori.
Il volume si divide in quattro capitoli ognuno dei quali, come più sopra ricordato, è stato affidato ad un tecnico del ramo.
Il primo capitolo, di competenza del dott. Bernardi, racconta la storia della Confraternita dal suo nascere, nel 1604, fino ai nostri giorni. Capitolo storico ponderoso, scritto con passione e determinazione, affinché a nessuno di noi possa sfuggire quanto impegno, nei secoli passati, hanno messo i nostri antenati non solo nella cura delle anime, ma soprattutto – mi si permetta di dire – nel portare soccorso a tanti ruvesi derelitti. Ecco allora sfilare nelle pagine del saggio citazioni di nomi, date, editti, costituzioni pontificie, brevi, leggi, statuti, regole, bolle, privilegi, relazioni ad limina, concordati, progetti, tutte tese a documentare in modo puntiglioso e preciso la storia della più antica Confraternita di Ruvo tra quelle oggi ancora esistenti. Un lavoro certosino e mai noioso che inquadra la storia del sodalizio in quella più ampia della storia cittadina e della storia della Chiesa.
Il secondo capitolo è stato affidato a Giuseppe Caldarola, architetto giovanissimo, ma già con esperienze professionali in campo internazionale. Scrive della storia dell’edificio, ma – per correttezza – dovremmo dire che scrive della storia “degli edifici” essendo stata la chiesa del Carmine “una e trina”. Caldarola ci racconta di una prima chiesetta di San Vito a tre navate che abbattuta e ricostruita ad una sola navata rimase comunque dedicata allo stesso martire. Fu nel 1885 che il tempio assunse l’attuale forma e dimensione grazie al progetto dell’ingegnere molfettese Sergio Pomodoro[1] naturalizzato ruvese per aver sposato la nobildonna Rita Lorusso Caputi figlia dell’architetto Domenico. Sempre nel 1885 il nuovo tempio abbandonò il titolo di San Vito e fu intitolato alla Vergine del Carmelo. Questa è una cronistoria scritta col cuore e documentata fin troppo bene.
A Carmelo Cipriani, curatore del terzo capitolo, è stata affidata la disamina e l’illustrazione del patrimonio pittorico della chiesa. Un patrimonio antico e di valore se si pensa che ben due tele ancora oggi collocate in quest’aula hanno a che fare con i santi titolari dell’antica e nuova chiesa. Il Prof. Cipriani, ancorché giovane, con la sua ferrata preparazione in campo pittorico, analizza i capolavori qui esposti confrontandoli e rapportandoli ad altri dipinti degli stessi autori o della stessa bottega disseminati per la Puglia o addirittura ubicati nella Capitale. Indagine questa che fa onore all’autore e consente finalmente a noi di capire cose che fino a ieri ci apparivano incomprensibili. Rimane lo sconforto per l’assenza in chiesa di tutte quelle opere d’arte che, pur presenti in un inventario del 1811, mancano oggigiorno all’appello.[2]
Il dott. Francesco Di Palo, veterano nelle indagini storiche e artistiche su Ruvo di Puglia e sulla Puglia, ha scritto invece sul patrimonio scultoreo e lapideo della chiesa. Un patrimonio più consistente di quel che non si pensi e che ha rivelato qualche sorpresa sia nella committenza che negli autori delle opere. E tra le opere prese in esame troviamo innanzitutto quella sequenza di simulacri dei Misteri alle quali il dott. Di Palo già da molti anni ha dedicato studi e ricerche. Il Cristo Calvario in primis, capolavoro ineguagliabile e inarrivabile dell’Altieri, il quale pur essendo persona analfabeta, nell’arte della scultura lignea primeggiava in tutta la Puglia. Ma Di Palo non si limita alla statuaria. Oggetto dello studio sono anche altri manufatti che partendo dalla venerata statua della Madonna del Carmine posta in cima all’altare maggiore arrivano alla collezione delle epigrafi dell’ex Oratorio fino al Mausoleo di Carlo Barese collocato sul muro di controfacciata della chiesa.
Questo è in sintesi il percorso descrittivo del volume. Ognuno di noi troverà spunti per ricordare momenti della propria vita sia in qualità di attori (amministratori dell’Arciconfraternita, confratelli, consorelle, associati, portatori delle statue, ecc.) che di spettatori. I più anziani ricorderanno momenti di vita paesana ormai relegati in angoli lontani della propria memoria. Pensando a Gesù Calvario ritorneranno in mente i racconti delle processioni penitenziali d’un tempo fatte per chiedere il dono della pioggia in periodi di siccità; ancora, risentiranno gli echi delle feste di quartiere in onore di Santa Croce il tre di maggio. Feste, queste, dove in via Mulini, via Passari, via sant’Arcangelo, vico Campane e in altre strade del paese, venivano allestiti altari più o meno grandi con un’ immagine riproducente pedissequamente il Cristo porta croce del Carmine. Con i balconi delle strade del circondario pavesate a festa con multicolori coperte di seta, dopo inni, orazioni e canti davanti all’altarino, tutto si concludeva a sera con piccoli o grandi fuochi artificiali. Ecco perchè il Cristo Calvario del Carmine appartiene a tutti, e che Egli, così come ci chiedeva ieri, anche oggi ci chiede di entrare in ogni angolo del paese e in ogni famiglia ruvese.
Cleto Bucci
[1] Allo stesso ingegnere si deve la costruzione della Masseria Ciccio Ficco sulla via provinciale Ruvo – Altamura.
[2] Stato dimostrativo de’ quadri, statue, bassirilievi, ed altri oggetti d’arte …. esistenti in questa Comune, ms. dicembre 1811, A.d.S. – Culto e dipendenze – Busta 25 fasc.765. In questo elenco, firmato dal sindaco di Ruvo Giuseppe Simia e dal Cancelliere Francesco de Venuto, alla voce Chiesa della Laical Congregazione del Carmine, sono riportati tra gli altri n. 5 tondi in tela di circonferenza palmi 12 l’uno esprimenti i misteri della passione; un quadro in tela alto palmi 12 e largo palmi 4 della Resurrezione del Salvatore.