Il 13 dicembre la chiesa commemora Santa Lucia, vergine e martire siracusana. Da sempre è forte la devozione dei ruvesi nei confronti della protettrice della vista, tanto che non sono poche le testimonianze di un culto secolare.
L’origine della devozione non può, però, essere definita con certezza. Le prime tracce sono riscontrabili al XI secolo quando, sulla strada per Calentano, veniva eretto un tempio dedicato a Santa Lucia. La piccola chiesa, oggi crollata ma che doveva essere ancora integra almeno fino agli inizi del secolo scorso, era coperta da una volta con travi e tegole e aveva un’abside appena accennato. I ruvesi, almeno fino all’ottocento, visitavano questa chiesetta nel giorno della festa per rendere grazie alla santa.
Il culto era, probabilmente, molto sentito anche in Cattedrale dove un affresco del XV secolo, posto sulla braccio destro del transetto, raffigura una santa, entro una cornice rossa, azzurra e bianca ornata da motivi geometrici a traforo, che regge con la mano destra una coppa. A causa del cattivo stato di conservazione non è possibile determinare con certezza di quale santa si tratti ma probabilmente si tratta proprio di Santa Lucia tradizionalmente raffigurata con una coppa nella quale sono posati gli occhi. Sempre in Cattedrale era presente, alcuni secoli fa, una statua in pietra, databile al XV, raffigurante la Santa in piedi, con il capo cinto da una corona. Nella destra regge una coppa dal piede allungato sul cui fondo sono posati due occhi mentre nella sinistra tiene la palma del martirio. Per un periodo, dalla fine degli anni 80 ai primi anni 2000, la statua fu posta nella chiesa dell’Annunziata a destra dell’altare maggiore. (Di Palo F., Cielo e Terra, 1999, p. 168, 203)
Risale, invece, al 1760 la veneratissima statua lignea raffigurante Santa Lucia, un tempo conservata nella chiesa dei Cappuccini e oggi nella chiesa “nuova” di S. Lucia. I padri Cappuccini commissionarono la statua all’andriese Francesco Paolo Antolini che rappresentò la santa a mezza figura con i tradizionali simboli del martirio: gli occhi, che tiene nella mano sinistra come un fiore, e la palma, nella mano destra. Nel 2000 la statua è stata restaurata da un’equipe di restauratori che hanno rimosso le pesanti ridipinture e riportato l’opera alla bellezza originaria. La corona posta sulla testa e il fiore con gli occhi nella mano sinistra risalgono, invece, al XIX secolo.
Questa statua lignea viene tradizionalmente portata in processione dal pomeriggio del 13 dicembre fino a sera ed è accompagnata da tantissimi fedeli. Anche a Ruvo, come in molti altri comuni, simbolo per eccellenza della festa è il falò (la fanole, in dialetto) che ricorda il martirio della santa ma rimanda anche a tradizioni pagane legate al nuovo ciclo agrario che sta per iniziare. Fino ad alcuni anni fa ogni rione organizzava la sua fanole e, al termine della festa, i carboni accessi venivano portati nelle case per implorare la protezione della santa. Oggi sono solo tre i falò superstiti: il grandioso falò nei pressi della nuova chiesa dedicata alla Santa, quello in piazza Castello e quello in via Valle Noè (accanto alla chiesa di San Domenico).
Fino a qualche decennio fa, la luce e il fuoco erano i protagonisti assoluti della festa: al rientro della processione nella chiesa dei Cappuccini la statua era accompagnata da innumerevoli fiaccole e nelle chiese, ogni sera a partire dal 13 dicembre, si accendeva una candela o una lampada ad olio fino alla notte di Natale. Simbolo enogastronomico della festa erano e lo sono ancora i ceci fritti nel tufo che vengono offerti intorno ai diversi falò ai tantissimi devoti presenti.
Concludono la festa i fuochi pirotecnici a richiamare, ancora una volte, la luce e il fuoco, veri simboli della festa di Santa Lucia.
(Note sulle tradizioni da T. Cantatore, La festa di Santa Lucia in Il Rubastino, Dicembre 2004)